“Ora o mai più, superare il gender gap”, di Anna Emanuela Tangolo e Gabriella Magistro
Di Claudia Lo Presti per gentile concessione dell’autrice per il Quotidiano dei Contribuenti.
Edito da Performat e nato da un gruppo multidisciplinare, “Ora o mai più, superare il gender gap” è un libro, curato da Anna Emanuela Tangolo e da Gabriella Magistro, che parla del divario di genere e che vuole offrire al lettore diversi spunti di riflessione e diverse prospettive di analisi del fenomeno delle differenze ancora evidenti nelle società contemporanee.
John Stuart Mill, esponente del liberalismo e filosofo britannico del XIX sec., nel 1869 scrive il saggio “La servitù delle donne” in cui sostiene la necessità politica e sociale di estendere a tutti i cittadini senza differenza di sesso e di razza la partecipazione al voto e di conseguenza al controllo di qualità e giustizia delle leggi ragionate ed applicate dallo Stato per il raggiungimento del benessere e della felicità di ciascuno. Solo attraverso il confronto delle differenze, la dinamica degli opposti si può garantire la gestione del potere in ogni ambito e senza limitazioni per alcuno affinché il risultato finale siano la libertà di pensiero, di progetto e di associazione per fondare uno stato liberale. Particolarmente attento all’universo femminile (era sposato con Harriet Taylor, energicamente impegnata nel movimento per il diritto al voto alle donne), egli sosteneva l’illogicità degli schemi formali in cui la donna fosse costretta a nascere, crescere e spegnersi, perché, se pur dotata di una intelligenza raffinata, sagace ed intuitiva, era tenuta in disparte rispetto all’uomo con il quale al massimo poteva ambire di sposarsi piuttosto che lavorare in pari ruolo. John Stuart Mill auspicava una legislazione che non parcellizzasse il contributo di ciascuno generando spreco ed emarginazione.
Dopo centocinquantatre anni dal quel saggio, che forniva con illuminata e cristallina chiarezza gli strumenti per riscrivere l’aritmetica sociale, poco è stato fatto; e l’analisi dei risultati non può e non deve tenere conto solo di quei paesi più moderni e liberali, ma anche delle latitudini in cui l’estremismo religioso detenuto da pochi o da uno solo (cuius regio eius religio) impone regole estreme generando il terrore affinché esse vengano osservate. Comunque, anche laddove si professi l’ampiezza di orizzonti senza discriminazioni, è fondata ancora e comunque l’inferiorità numerica spesso frutto di una mancanza di aiuti che permettano alle donne di essere sostenute nelle responsabilità familiari.
L’uguaglianza di genere, la Diversity&Inclusion e la sostenibilità sociale sono materie su cui argomentano sempre di più governi, istituzioni e imprese con grande energia e fermezza, oggi. La parità di genere è, infatti, uno degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Onu previsto dall’Agenda 2030 e la questione viene ribadita anche nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) per rilanciare lo sviluppo nazionale in seguito alla pandemia.
Gabriella Magistro e Anna Emanuela Tangolo si sono soffermate sull’analisi del divario fornendo al lettore un punto di osservazione multidisciplinare: psicologico, sociologico, filosofico, organizzativo con riferimenti alla letteratura, al pensiero femminista, sempre in continua evoluzione, e agli studi di genere. I temi trattati sono diversi: le rappresentazioni che le donne hanno di se stesse in Italia e nel mondo, i copioni delle donne, i risultati di una ricerca sulle donne e il tempo, il livello globale del gender gap, l’influenza dei valori culturali sull’individuo e sui sistemi politici dei Paesi del mondo, il gender equality plan, le caratteristiche che deve avere una leadership inclusiva, i nuovi paradigmi delle organizzazioni.
Anna Emanuela Tangolo, laureata in filosofia e psicologa, è imprenditrice. Ha fondato Performat scuola di psicoterapia e network di centri psicologici e business school. E’ didatta e supervisore dell’European Association of Transactional Analysis (EATA). Scrive saggi di psicoterapia e analisi transazionale. Ha ideato e realizzato il marchio We-empowerment women per sostenere l’affermazione di leadership inclusive e ridurre il gender gap
Gabriella Magistro è politologa, sociologa, dottoressa in psicologia clinica, giornalista e scrittrice. Si occupa di formazione, progettazione, ricerca e consulenze per la comunicazione. Collabora con PerFormat come coordinatrice del progetto Wheeppy, un podcast per il wellness, l’empowerment e l’intrattenimento delle donne e di chiunque abbia come prospettiva la diversity inclusion
- Di cosa parla “Ora o mai più – superare il gender gap”?
“E’ un testo che affronta il fenomeno del divario di genere da diverse prospettive – afferma Gabriella Magistro – vuole essere un punto di osservazione ampio per dare diversi spunti di riflessione e anche degli strumenti per affrontare la questione di genere in maniera pratica, concreta”.
- Si sente parlare del gender gap e delle donne sempre più spesso in TV e nel dibattito pubblico, quel è la necessità di parlarne ancora e ancora?
“Nella vita privata e familiare, di donne si parla per le funzioni di cura o per i femminicidi, sempre per disgrazie e funzioni sostitutive dello stato e delle istituzioni. Alcune donne sono santificate e altre considerate streghe – dice Emanuela Tangolo. Le donne poi hanno una rappresentazione pubblica drammaticamente legata all’immagine corporea eterea e giovane, per cui diventa inevitabile ad un certo punto sparire dalle scene. Di body shaming si parla sempre più di frequente ed è certamente aumentata la sensibilità verso la rappresentazione del corpo, ma ancora si soffre molto e i condizionamenti sono pesanti. Finalmente attorno al tema del genere si inizia ad avere una visione più ‘arcobaleno’ e non solo binaria con apertura a tanti modi di esprimere la sessualità, ma le minoranze restano minoranze che si devono difendere dalla violenza e dall’ignoranza ancora molto diffusa, ecco perché è necessario parlare, aprire le visioni e gli sguardi, offrire nuove prospettive”.
- Cosa si intende esattamente con “gender gap”?
“Gender gap significa, prima di tutto, disparità: un divario di genere esistente tra uomini e donne, per cui uno dei due generi più diffusi è macroscopicamente sotto-rappresentato; dunque, si trova in una posizione svantaggiata rispetto all’altro – spiega Silvia Izzo (psicologa clinica e della salute a Pisa; si occupa di attività di consulenza, formazione e sportello d’ascolto aziendale).
. Tale disparità si riflette profondamente su vari aspetti della vita quotidiana, come il lavoro, la salute, l’educazione e così via”.
- Ho letto che avete condotto un’indagine sulle donne….
“Sì, questo articolo presenta e commenta i risultati di un’indagine che Performat ha condotto nella primavera 2022 per capire come le donne utilizzino il tempo che hanno a disposizione, quanto ne dedichino agli altri e quanto a se stesse; che cosa vorrebbero fare e non fanno, e perché. E soprattutto quali sono le ricadute del trascurare se stesse sul modo in cui si sentono e si percepiscono – racconta Maria Antonietta Spanu (counsellor psicosociale a indirizzo analitico-transazionale, specializzata in Sviluppo delle risorse umane presso l’Università di Pisa, dove ha lavorato come docente di “Glottologia e Linguistica”) – i risultati vengono anche analizzati per valutare in che modo uno strumento relativamente nuovo quale il podcast possa trovare spazio nelle giornate affollate delle donne e diventare una modalità di supporto nuova”.
- Come influiscono i valori culturali sul gender gap?
“Influiscono molto – dice Gabriella Magistro – i sociologi parlano di socializzazione di genere ossia l’apprendimento dei ruoli ritenuti tipici dei due generi e delle annesse aspettative sociali. Questo processo inizia precocemente e avviene attraverso le principali agenzie di socializzazione: la famiglia, la scuola e i media. E’ un processo che forgia i ruoli di maschio e femmina e le annesse aspettative e si chiude dentro un binarismo classico e segregante purtroppo. Come tutti gli stereotipi non permette di vedere al di là ed oltre le generalizzazioni e taglia fuori la soggettività e la libertà di ogni individuo di esprimere se stesso, se stessa, per ciò che è e sente di essere”.
- Quindi siamo portatori inconsapevoli di valori che ci sono stati inculcati sin da piccoli?
“Sì e acquisire consapevolezza riguardo ai valori dei quali si è portatori può essere meno semplice di quanto appaia – spiega Maria Cotov (psicologa e specializzanda in Psicoterapia Analitico Transazionale; collabora con PerFormat nell’area della Ricerca in Psicoterapia e come coordinatrice e consulente per il progetto WE Empowering Women) – ne sono testimonianza la minor partecipazione sociale, politica ed economica delle donne che comportano una crescita significativamente minore per la società, nemmeno l’impegno decennale delle istituzioni politiche ed economiche nel colmare il gender gap ha determinato una trasformazione completa del fenomeno. È possibile supporre, dunque, che il livello inconsapevole della cultura eserciti sull’individuo e sul gruppo sociale un effetto viscerale difficile da scalfire”.
- Cos’è il GEP?
“In linea con gli obiettivi di sviluppo indicati come prioritari dall’Unione Europea, il Gender Equality Plan (GEP) nasce come criterio di eleggibilità per l’ammissione a finanziamenti quali Horizon Europe, – spiega Sabrina Biondi (dipendente pubblica, si occupa di servizi alla persona, programmazione economica, budget e servizi innovativi presso Comune e Azienda Sanitaria Locale. Collabora con Performat per il progetto WE-Empowering women sui temi dell’uguaglianza di genere) – il programma quadro dell’Unione per la ricerca e l’innovazione nel periodo 2021-2027, successore di Horizon 2020 (Commissione Europea, 2020). L’adozione del GEP è obbligatoria per gli enti pubblici (quali organismi di finanziamento della ricerca, ministeri nazionali, istituti di istruzione superiore, pubblici e privati, enti di ricerca pubblici e privati) degli Stati membri dell’UE e dei Paesi associati a partire dai bandi del 2022 ed è raccomandata per le imprese. L’obbligo per tutti partner è previsto dai bandi 2023”.
- Il testo, grazie al contributo di Giacomo Brucciani, si occupa anche del tema della leadership, interrogandosi sull’opportunità di una declinazione maschile o femminile della leadership e sulla necessità di andare oltre le dicotomie:
“Il punto è questo: la dicotomia leadership femminile – leadership maschile – spiega Brucciani (formatore e Consulente organizzativo. È docente nei percorsi di formazione di PerFormat Business) – è incoraggiata dalla violenza dell’opposizione tra forme che vengono intese come alternative l’una all’altra. Violenza che è intrinseca in posizioni che si ritengono ognuna portatrice del giusto modo di esercitare la funzione della leadership e il ruolo di leader. Io tengo ancorata la concezione di leadership su tre concetti che ritengo fondamentali: autonomia, libertà e improvvisazione”.
- E ancora grazie alle parole di Vittorio Giusti particolare attenzione è dedicata ai vantaggi di una cultura inclusiva, all’interno delle organizzazioni, che si ispiri ai concetti di diversity, inclusion ed equality. Ma cosa significano esattamente questi termini?
“Con il termine diversity – dice Giusti (business coach e la sua mission è aiutare persone ed organizzazioni a realizzare il massimo potenziale; dottore in economia e psicologia magistrale) – ci si riferisce a tutte le differenze tra persone, siano esse di genere, di orientamento sessuale, di origine etnica, di credo religioso, di età anagrafica, di status socio-economico e così via. Il termine inclusion invece indica il grado di apertura e di accoglienza di un’organizzazione rispetto alle diversità. Importante è il concetto di equality, spesso non sufficientemente esplicitato e tra l’altro neppure incluso nell’acronimo D&I. Esso indica la possibilità, per tutti e a prescindere dalla diversità di partenza, di accedere alle stesse opportunità di remunerazione, di crescita professionale e di carriera in generale”. Un testo, dunque, da leggere per approfondire la questione di genere di cui tanto si discute e per trovare risposte concrete alle domande ricorrenti che il tema suscita.”
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